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HAI LA TESTA DA ALLENATORE O DA GIUDICE?

L’approccio da allenatore ci permette di arrivare ad obiettivi e risultati che, per molti, possono essere irraggiungibili. Come nella storia di questo maratoneta.


Con l’età sto cominciando a non abituarmi più rapidamente come un tempo alle differenze di orario e per questo il viaggio di ritorno dagli Stati Uniti di qualche settimana fa è stato un incubo. Nonostante (o forse “a causa”) le 6 ore di differenza infatti, non sono riuscito a chiudere occhio durante tutta la notte.

Che fare quindi? Ho dovuto sfruttare la libreria di film che Lufthansa passa all’interno dei suoi aerei sfogliando tra i vari titoli fino a che sono stato così fortunato da trovare un bellissimo documentario, “BREAKING2” che vi consiglio di vedere.

Racconta l’esperimento, perché di esperimento si tratta, fatto dalla Nike per creare un team di scienziati (come racconta Brad Wilkins, il team leader, non un team numeroso ma un team composto dalle persone giuste) ed atleti per correre una maratona al di sotto delle 2 ore.

Per i “non esperti” pensare di scendere sotto il muro delle due ore per la maratona è come aver pensato di andare sulla luna.

Era come scendere sotto i 4 minuti per il miglio, considerato fisicamente irraggiungibile finchè Roger Bannister non ci riuscì (come ho raccontato NEL MIO VIDEO).

Ecco, l’obiettivo era di trovare o meglio costruire il Roger Bannister della maratona e per questo è stata scelta la stessa data in cui lui è sceso sotto quella soglia; il 6 maggio.

Eliud Kipchoge, campione olimpico e con un record personale di 2:03’05”, è riuscito a chiudere in 2:00’25” solo 25 secondi dall’obiettivo e migliorando di circa il 2% il record del mondo ufficiale (2:02’57”, Kimetto, Berlino 2014).

Questo risultato è stato ottenuto grazie al focus per migliorare diversi ambiti, proprio nell’ottica del marginal improvement di cui abbiamo già parlato IN ALTRI POST e VIDEO tra cui il percorso, il clima, la strategia di corsa e di idratazione.

Tra tutte le cose però la cosa che più mi è rimasta in testa è stata però un aspetto della gestione dell’obiettivo. Tutti gli atleti infatti partivano da record personali molto superiori (3 minuti a quei livelli sono un’eternità) alle 2 ore.

Questo mi ha fatto quindi vedere i due lati differenti che possiamo avere nella quantificazione dell’obiettivo ( se ti interessa l’argomento obiettivi vedi anche il post come crearsi l’obiettivo perfetto).

Se infatti un obiettivo deve essere raggiungibile, è anche vero che per migliorare veramente dobbiamo porci al di là di quello che attualmente pensiamo sia il nostro limite.

Per capire come farlo, dobbiamo renderci conto che possiamo definire il risultato da raggiungere con la testa da allenatore o con la testa da giudice.

Qual è la differenza tra questi due approcci?

La testa da allenatore è permettere di definire un obiettivo al massimo delle mie potenzialità con la coscienza che anche se dovessi non arrivare a superarlo non lo considererei come un fallimento ma come un successo poiché sarei riuscito a migliorare in maniera evidente la mia prestazione attuale.

La testa da giudice invece porta a colpevolizzare chiunque non arrivi all’obiettivo fissato considerando negativo non avercela fatta qualsiasi sia il miglioramento ottenuto. In questo caso quindi tenderò a mettere un obiettivo inferiore al mio massimo poiché non voglio essere giudicato per ciò che faccio.

Non credo di dire nulla di strano se penso che pensare da allenatore sia l’approccio migliore, specialmente perché qualsiasi miglioramento passa per dei piccoli o grandi fallimenti, la loro accettazione e la conseguente lezione che se ne trae, sono la benzina per il passo successivo.

Questo concetto è reso evidente da una risposta di Kipchoge alla fine della corsa:

Domanda: “Vuol dire che l’uomo ha dei limiti?”

Risposta: “Non sono d’accordo. L’obiettivo era di scendere sotto la barriera delle 2 ore, e non ci sono riuscito. Ma il mondo ora è solo lontano 25 secondi. Molte persone pensano che correre in due ore porti alla morte. Io sono ancora vivo. Sono solo 25 secondi. E’ stato difficile per me limare tutti quei minuti. Ora sarà semplice per un altro limare 25 secondi.“

Non ci sono arrivato, ma sono sceso di molti minuti ed ora mancano solo 25 secondi.

Da questo approccio è nato il successivo tentativo, fatto a Vienna il 12 ottobre 2019, che lo ha portato alla storia come il primo uomo a scendere sotto le 2 ore in una maratona.

Molti lo considerano come un record “falso” dato che è stato ottenuto grazie a delle condizioni molto particolari sia nella preparazione sia nell’esecuzione.

Ciononostante, è uno di quei momenti storici che spostano delle barriere che, fino a poco tempo fa, sembravano irraggiungibili.

E questo è stato ottenuto grazie al primo “avvicinamento” a soli 25 secondi che ha dato l’idea di potercela fare e ad un approccio unico che si basa su due pilastri:

“No human is limited”-

“The important thing is inspiration, not fame”

Godetevi la storia in QUESTO DOCUMENTARIO della BBC.

 

 

(Libro consigliato: Numero 1 si diventa.)

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