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WILLIAM SIDIS, THIERRY HENRY E MARADONA E… IL PRINCIPIO DI PETER. STORIE DI SPORT PER CRESCERE

Passare da sapere – a saper fare – a saper insegnare è complicato ma è fondamentale per la propria crescita personale e per quella del proprio team. Per spiegarlo tre storie, tra vita e sport, accumunate da un unico comportamento.


Cosa ricordate dei vostri 11 anni?

Il mio ricordo è quello del primo anno di calcio in una squadra vera. Dopo tutto questo tempo è tutto quello che mi è rimasto, non un gran che.

Se avessimo fatto la stessa domanda a William James Sidis la risposta sarebbe stata differente.

I suoi 11 anni, agli inizi del ‘900, furono l’inizio della sua carriera accademica ad Harvard. Studente più giovane di tutti i tempi superando Cotton Mather che entrò a 12 nel 1674. 230 anni prima di lui.

Ma chi era questo fenomeno?

Ancora oggi è considerato l’uomo più intelligente del mondo, dotato di una mente prodigiosa e con un quoziente intellettivo tra i 250 e i 300 punti.

Immaginatelo per un attimo a 18 mesi leggere il “New York Times” e poi guardatelo ad 8 anni parlare perfettamente il francese, il tedesco, il russo, il turco e l’armeno, dominando il latino e naturalmente l’inglese, la sua lingua madre. Andate un po’ avanti e visualizzatelo a nove anni, età in cui creò una nuova lingua che ha chiamato “vedergood”, studiata dai linguisti e classificata come completa, corretta e affascinante (io a nove anni riuscivo a malapena a rifarmi il letto).

E’ tutto oro ciò che luccica? Direi proprio di no dato che William Sidis non ebbe mai un’infanzia vera, non gli fu mai concesso il diritto di vivere da bambino. Proprio per la sua immensa intelligenza furono date per scontante tantissime competenze, tra cui la capacità di comunicare che invece viene sviluppata “sul campo” interagendo con altri, tanto che a 12 anni tenne la sua prima conferenza sulla quarta dimensione davanti alla stampa e alla comunità scientifica dell’epoca.

All’università Sidis fu insegnante in tre corsi: geometria euclidea, geometria non euclidea e trigonometria scrivendo in greco una dispensa per il corso di geometria euclidea. La sua carriera però durò meno di un anno. A causa degli studenti che si prendevano gioco di lui e del dipartimento che gli rimproverava di non avere i requisiti per l’insegnamento, William lasciò il posto e tornò in New England.

Quando un amico gliene chiese il motivo, Sidis rispose:

Non ho mai saputo perché mi diedero il lavoro; non sono un bravo insegnante.

Questo è il punto di oggi.

Lui stesso è rimasto sorpreso e si è chiesto ”Perché mi diedero il lavoro.”?

Spesso si confonde la conoscenza con la capacità di fare o, peggio, di insegnare e motivare.

Perché conoscere qualcosa non significa saperla fare e saperla fare non significa saperla insegnare.

Le competenze per passare attraverso questi tre stati sono molto differenti e sono crescenti.

Per sapere fare qualcosa devi conoscerla bene ovvero aver creato e sperimentato un tuo metodo (ne ho parlato anche in QUESTO POST).

Per saper spiegare qualcosa devi saperla fare bene. Ed essere in grado di usare le parole giuste, al momento giusto ed alle persone giuste.

SO, SO FARE, SO INSEGNARE.

E una cosa non implica automaticamente le altre.

Avete mai sentito parlare del principio di Peter?

Il principio descrive in termini satirici e paradossali gli effetti dei meccanismi che governano la carriera aziendale dei lavoratori.

In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio massimo livello di incompetenza.

Praticamente, in una gerarchia, i membri che dimostrano doti e capacità nella posizione in cui sono collocati vengono promossi ad altre posizioni.

Questa dinamica li porta a crescere in un’organizzazione in un processo che si arresta solo quando accedono a una posizione per la quale non dimostrano di possedere le necessarie capacità, il loro «livello di massima incompetenza», raggiunto il quale la carriera del soggetto si ferma definitivamente.

Provate a pensare a quanti “ottimi venditori” vengono promossi capi delle vendite senza verificare che, accanto alla “capacità di fare” che sicuramente è necessario avere, ci sia anche una competenza di comunicazione ed ispirazione che diventano necessarie non appena si comincia a gestire un gruppo, una squadra.

Per William Sidis era abbastanza chiaro che l’empatia e la capacità di rapportarsi agli altri non era un suo punto di forza. Del resto, era una persona che a 16 anni dichiarava “Ho intenzione di intraprendere la cosiddetta vita perfetta“, di ritirarsi a vita privata.

Voi direte, è un caso più unico che raro non può succedere in altri ambiti. Ma ne siete realmente sicuri?

Ho letto recentemente una dichiarazione di Aleksandr Golovin calciatore del Monaco dopo l’esonero dal ruolo di allenatore di Thierry Henry, un mito del calcio Europeo.

Forse Henry non è riuscito ad ammazzare il calciatore che ancora sente dentro di sé. Durante gli allenamenti, quando le cose non andavano, si innervosiva parecchio e urlava anche quando forse non ce ne era bisogno. Lui è stato un calciatore fortissimo e gli unici giocatori del Monaco ad un livello simile al suo sono Falcao e Fabregas. Forse per questo scendeva in campo e si allenava con noi. Urlava e ci diceva di provare a rubargli il pallone ‘prendetemi la palla’. Per noi giocatori è stato un po’ come uno shock. Certe volte non ci parlava per ore.

I commenti dei suoi giocatori erano legati alla sua incapacità di capire le difficoltà dei suoi giocatori. Quello che per lui era normale non lo era per gli altri. Le cose che lui capiva immediatamente altri non lo immaginavano nemmeno e, peggio, le dava per scontate non tentando nemmeno di trasmetterle o di insegnarle. Del resto, perché dovrei insegnare qualcosa che è così ovvia!!!

Credo che si possa pensare qualcosa di simile di Maradona e della sua carriera da allenatore.

Entrambi troppo forti e, forse, troppo egoisti per cercare di capire veramente le difficoltà dei propri giocatori.

Sidis, Henry e Maradona accomunati da un unico destino.

Essere amici di Peter e del suo principio e aver incontrato il loro massimo livello di incompetenza.

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