GESTIRE LA COMPLESSITA’ IN UN MONDO SEMPRE PIU’ INCERTO
In un mondo sempre più complesso è importante sapere come gestire le nuove situazioni e come riorganizzare la nostra squadra per riuscire a crescere e prosperare
Che il mondo stia diventando sempre più complesso è ovvio, quasi una banalità. Del resto, la complessità ha seguito tutte le specie fin dalla loro apparizione e ci seguirà, a velocità sempre maggiori, per sempre.
Già nel 1985, gli economisti Warren Bennis e Burt Nanus nel loro libro “Leaders. The strategies for taking charge” avevano introdotto l’acronimo VUCA per descrivere un mondo che diventava Volatile, Incerto (Uncertain), Complesso e Ambiguo.
A rendere insufficiente questa definizione ci ha pensato la pandemia. Per questo, nel 2020 il “futurista” Jamais Cascio ha proposto, nel post “Facing the age of chaos”, il mondo BANI, ovvero:
- B – Brittle: fragile, qualcosa di apparentemente solido ma privo di resilienza quindi non affidabile. L’interconnessione delle cose rende la fragilità di un componente disastrosa per tutto ciò che è collegato.
- A – Anxious: ansioso, preoccupato dall’esito possibile di una scelta. L’ansia ci porta a uno stato di passività, poiché temiamo di sbagliare irrimediabilmente. Pertanto, decisioni e azioni tendono a essere procrastinate.
- N – Nonlinear: senza una chiara relazione tra causa ed effetto nel tempo. Le connessioni all’interno di questo processo potrebbero non essere visibili rendendo spesso impossibile identificare un chiaro inizio e una fine.
- I – Incomprehensible: estremamente difficile, o addirittura impossibile da capire.
Sebbene sembri una fotografia disastrosa, dobbiamo ricordarci ancora una volta che la complessità è sempre esistita perchè è una delle maniere che hanno gli esseri viventi per sopravvivere.
Riuscire infatti a introdurne di nuove, provoca difficoltà ai predatori nel mondo animale o ai concorrenti nel business. Per questo la complessità può essere amica o nemica. E amica quando la usi e la crei per proteggerti, è nemica quando invece la subisci e conseguentemente devi aggiustare il tuo comportamento per superarla. La vera differenza rispetto al passato è la velocità dell’aumento della complessità che non permette di tenere il passo e di adattarci così agevolmente come potevamo farlo un tempo.
Ma, con queste premesse, come possiamo pensare di gestire la complessità?
Innanzitutto, dobbiamo evitare di confondere complesso con complicato.
Per capirlo meglio è opportuno definire correttamente “complicato”.
Complicazione deriva dal latino “cum precum” e significa “con piega”, ovvero una situazione in cui molte cause concorrono a renderla difficile. Il modo per semplificarla è quello di spiegarla, ovvero rimuovere tutte le pieghe.
L’approccio a un problema complicato è quello di analizzarlo, capirne le cause, pianificare le attività e valutare i risultati poiché si sono definiti e si conoscono da subito quali sono gli attori che influenzano la situazione e come possono essere affrontati. La competenza necessaria, quindi, è molto legata all’esperienza ed al “fare”.
La complessità, invece, si basa su una situazione in cui non esistono spiegazioni aprioristiche. Il sistema è dinamico e le cause che influenzano il comportamento cambiano continuamente, così come l’effetto che hanno sul problema.
L’approccio a una situazione complessa è quello di agire, apprendere ed adattarsi che richiede una competenza più legata all’intraprendenza, alla flessibilità ed alla capacità di cambiare.
Sappiamo che la complessità è insita in tutte le relazioni personali e sociali ed anche nel business come, ad esempio, nel momento del lancio di un nuovo prodotto. E’ quindi molto più “presente” di quanto si possa credere.
Due sono quindi gli spunti che possiamo trovare in questa rapida introduzione.
Il primo si riferisce ad un errore di “approccio” alle cose.
Credo che sia chiaro che cercare di affrontare una situazione complessa con competenze ed atteggiamento da situazione complicata significhi perdere in partenza poiché si pretende di riuscire a spiegare cose che chiare e conosciute non sono.
Pensiamo alle attività di Budget di un’azienda che si svolgono normalmente alla fine dell’anno per quello successivo. Sperare di pianificare le attività ed i risultati partendo dalle esperienze passate e pretendendo di non avere alcun momento di aggiustamento in itinere è chiaramente un errore concettuale. Per traslato, è anche una vana speranza quella di trovare in corsi di comunicazione o di gestione dei team la ricetta universale per raggiungere i nostri traguardi indipendentemente dalla situazione in cui vogliamo agire.
Al massimo potremo avere degli attrezzi ma dovrà essere la nostra sensibilità a scoprire, in corso d’opera, quando e come utilizzarli.
Il secondo spunto riguarda l’impatto che questa complessità crescente, soprattutto in velocità, ha sull’organizzazione.
A darci una mano nell’approcciare questo nuovo mondo ci hanno pensato gli stormi di uccelli e la teoria proposta dal Nobel italiano Giorgio Parisi. Ovvero l’osservazione degli stormi di uccelli ed il tentativo di capire quali siano le regole che permettono la formazione di quelle figure meravigliose in cielo che, altro non sono, se non un tentativo di proteggersi dagli attacchi dei predatori attraverso comportamenti complessi.
Questa teoria ha dimostrato come gli uccelli riescano a coordinare il loro volo in modo efficiente e fluido, nonostante la complessità delle dinamiche di volo all’interno di uno stormo, non seguendo un capo o una gerarchia precisa, ma basandosi su semplici regole di interazione con i vicini per determinare la propria posizione e velocità di volo.
Questo modello di coordinamento decentralizzato e senza gerarchie è stato successivamente applicato mostrando ottimi risultati anche ad altri sistemi sociali e organizzativi, come ad esempio nell’ambito del business. In un contesto aziendale la teoria degli stormi può essere utilizzata per creare una cultura organizzativa più flessibile e collaborativa, dove le decisioni sono prese in modo condiviso e dove i dipendenti sono incoraggiati a lavorare in modo autonomo e adattarsi continuamente alle nuove sfide e cambiamenti.
In queste situazioni, un modello organizzativo vincente prevede di creare team autonomi e cross-funzionali, che agiscano in modo indipendente ma allo stesso tempo coordinato per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione. In questo modello, l’enfasi è posta sulla comunicazione trasparente, la decentralizzazione delle decisioni e la cooperazione e l’autonomia dei team, piuttosto che sulla gerarchia e la centralizzazione.
Inoltre, questo modello organizzativo deve prevedere la creazione di un sistema di feedback continuo e la creazione di un ambiente di lavoro che incoraggi l’innovazione e l’apprendimento continuo.
In generale, la creazione di una struttura organizzativa flessibile e adattabile è fondamentale per gestire la complessità crescente del business e per rimanere competitivi in un mondo in continua evoluzione.
Vi sembra una cosa ovvia?
Provate a guardare l’organizzazione dove lavorate oggi e ditemi nei commenti quanto assomiglia a quella descritta.
Buona giornata!
Alessandro, se non lo hai già letto, ho trovato stimolante “Stai per commettere un terribile errore” di Olivier Sibony. Raffaello Cortina Editore.
Se ti interessa, fammelo sapere.