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UN INSEGNAMENTO DI UNA TRIBÙ AFRICANA. PERCHÉ DARE UN NOME ALLE COSE PUÒ AIUTARCI A RAGGIUNGERE I NOSTRI OBIETTIVI.

Come definire bene il nostro obiettivo ci permette di raggiungerlo e di arrivare al nostro miglioramento personale.


Oggi facciamo un viaggio in Africa, esattamente in Namibia, a fare conoscenza con la tribù degli Himba sulle orme di uno psicologo Inglese: Jules Davidoff. Ma soprattutto cerchiamo di capire perché uno psicologo dovrebbe partire da Londra per volare in Namibia e cosa possiamo imparare dalle sue scoperte.

La caratteristica che ha incuriosito Jules Davidoff e che distingue gli Himba è che, pur vedendo i colori, non possiedono una parola per descrivere il blu e non lo distinguono dal verde. L’impatto di questa mancanza, a prima vista secondaria, è che mostrando loro una foto in cui ci sono 12 quadrati verdi e uno blu non sono in grado di identificare il colore diverso.

Invece, se hanno di fronte un quadrato verde con una tonalità leggermente diversa, lo identificano con una straordinaria rapidità, cosa che la maggior parte di noi occidentali non riuscirebbe a fare. Per capirlo, questi qui sotto sono i quadrati. Sapete distinguere quello diverso?

Detto tra noi, anche Omero nell’Iliade e nell’Odissea usava “il mare violaceo” e “il mare colore del vino…” e si deve considerare che l’aggettivo greco corrispondente a “blu” compare solo nel VI secolo a.C. Questo significa che gli Himba non sono forse così strani, ma invece molto più “Omerici” di quanto possiamo pensare.

Non voglio arrivare però a conclusioni affrettate. Già ho parlato di differenze tra causalità e correlazione (se non sai la differenza vai all’articolo Fermiamo la comunicazione selvaggia ) e dopo aver allertato tutti, non vorrei essere io quello a cadere nel tranello.

A prima vista però, sembra troppo evidente il fatto che “Se una cosa non ha un nome, non la riconosciamo”.

A pensarci bene, questa è una necessità umana. Abbiamo già visto più volte, infatti, come lo sconosciuto ci renda nervosi e come si tenda sempre a riportare ciò che percepiamo a qualcosa di “reale”.

Pensate alla “Pareidolia” ovvero la tendenza istintiva e automatica a trovare strutture ordinate e forme familiari in immagini disordinate. Classici esempi sono la visione di animali o volti umani nelle nuvole, la visione di un volto umano nella luna o, parlando di udito, il riportare dei suoni strani a voci o lingue conosciute. Tutto questo è stato favorito dall’evoluzione e dalla necessità di riconoscere i pericoli anche in presenza di pochi indizi, ad esempio riuscendo a scorgere un predatore mimetizzato.  Parallelamente, essendo l’uomo un animale sociale, ha permesso di condividere e raccontare l’informazione così anche il gruppo potesse sopravvivere e svilupparsi evitando di essere mangiato o di nutrirsi di qualcosa di velenoso.

Questo però ci conferma una cosa. Dare un nome alle cose ci permette di riconoscerle, di definirle farle proprie e di trasmettere e tramandare il concetto a chi ci sta vicino.

Ma torniamo al punto di partenza. A cosa mai può servirci sapere che gli Himba non riconoscono il Blu? Come può aiutare il nostro processo di miglioramento sapere che non avere la parola “blu” rende impossibile qualcosa che per noi è naturale e normale?

La cosa più evidente è nella definizione degli obiettivi.

Per capire meglio quello che intendo devo tornare ad una mia sessione da coach quando il mio partner ha dichiarato il suo obiettivo.

Devo smetterla di essere distratto continuamente dai miei collaboratori”

Alla mia domanda successiva “Cosa vuoi che accada invece?” è sceso il silenzio. Chi fa il coach sa che fare scendere il silenzio è spesso un buon segno perché indica che chi è di fronte a noi sta iniziando ad esplorare qualcosa di sconosciuto.

In quel momento di fronte a me sedeva un Himba che cercava di riconoscere il quadratino blu.

Quante volte ci troviamo di fronte a frasi del tipo “Voglio smettere di fare qualcosa” oppure “Non voglio più dire qualcos’altro”?

Quante volte viviamo una situazione dove NON DEFINIAMO COSA VOGLIAMO REALMENTE, non diamo un nome a ciò che cerchiamo e quindi non riusciamo a farlo nostro e, peggio, a riconoscerlo quando riusciamo ad arrivarci.

L’insegnamento degli Himba quindi si può sintetizzare in:

Definisci bene COSA VUOI OTTENERE e non COSA VUOI EVITARE.

Solo dando un nome alle cose riuscirai a farle esistere, dare loro un volto innanzitutto nella tua mente e quindi gettare una luce sul loro essere.

Cominciare a fare esistere quello che vuoi ottenere, è il primo necessario passo per ottenerlo.

Con questa dritta però, come cambieranno quindi i tuoi obiettivi ora?

 

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